Skip to content Skip to sidebar Skip to footer

LECCE – Braglia, un mese di involuzione. I nodi da sciogliere reparto per reparto

Che aprile sia stato un mese di netta involuzione in casa Lecce è più di un’opinione, bensì un elemento oggettivamente confermato dai numeri. Due sconfitte, due pareggi ed una sola vittoria hanno fatto scivolare Papini e compagni da -1 a -9 dalla vetta e dal secondo al terzo posto al pari della Casertana, con il sogno di promozione diretta presto sfumato. Se però con il Matera e con l’Akragas l’undici di Braglia avrebbe certamente meritato più di quanto raccolto, gare a cui si aggiungono il pari di Messina (brutta gara su un campo comunque non facile con la settima della classe) e l’importantissima vittoria con la Paganese, i segnali più preoccupanti sono invece arrivati dall’ultima uscita in casa del Benevento.

Una gara attesa da tempo da cui, al di là delle speranze di primo posto, tutti si aspettavano una reazione d’orgoglio di tutta la squadra. Era l’occasione giusta per dire ai sanniti che la promozione diretta se la sarebbero dovuta sudare fino all’ultimo secondo, nonché per dimostrare che non gli erano inferiori, senza dimenticare la possibilità di assicurarsi virtualmente la palma di miglior seconda, posizione vantaggiosa in vista dei play-off. Invece non solo non è arrivato né un successo né un pari che avrebbe comunque potuto rinsaldare la fiducia in vista dei play-off, ma la sconfitta subita, per come è arrivata (il palo di Lepore avrebbe potuto cambiare l’inerzia della gara, ma non ne avremo mai la controprova), ha minato ancora di più le certezze di una squadra che, nell’ultimo mese, ha visto venir meno gran parte dei propri punti di forza.

Quello del portiere è il ruolo che sicuramente ha risentito meno le difficoltà dell’ultimo periodo, perché il titolare infortunato Perucchini, protagonista di una lunga e mai chiaramente spiegata assenza, è stato degnamente sostituito da un Bleve ottimo fino alla trasferta campana, dove non ha brillato ma a cui non si poteva chiedere di più dopo le ottime precedenti prestazioni. Il recupero del numero 1 titolare è fondamentale in vista degli spareggi, ma i veri problemi si incontrano avanzando di qualche metro nello schieramento gialorosso, tra chi il portiere dovrebbe proteggerlo. La super-difesa che Braglia aveva creato dall’autunno in poi si è sciolta come neve in primavera, trasformandosi dalla migliore della categoria in un reparto barcollante come quello di tante altre squadre. Le prime assenze (incredibilmente lunga quella di Freddi, a cui si sommano le squalifiche di Cosenza e Abruzzese) hanno palesato l’inadeguatezza dei sostituti (Camisa ha deluso nel momento più importante del campionato), mentre la decrescita delle prestazioni dei titolarissimi è spiegabile solo con una condizione non al top (vedi Cosenza, Alcibiade e Legittimo, praticamente perfetti fino a solo un mese fa) che ha portato ad un conseguente calo di concentrazione nei frangenti-clou delle varie gare. Concentrazione che va ritrovata al più presto, anche cambiando modulo qualora la difesa a tre non dovesse più offrire adeguate garanzie.

In mezzo al campo invece, più che la stanchezza dopo la lunga rincorsa, con il Benevento è emersa una differenza di atteggiamento rispetto agli avversari. Per larghi tratti la coppia De Falco-Del Pinto è apparsa ben superiore da punti di vista tecnico, tattico e dell’intensità agonistica quella De Feudis-Papini, che sulla carta non ha certo nulla da invidiare al duo sannita. E’ evidente che i padroni di casa giocassero con molte meno pressioni addosso rispetto agli ospiti, ma il vantaggio di poter contare su elementi esperti e carismatici in mezzo al campo dovrebbe vedersi proprio in partite del genere, dove la tensione si taglia con un grissino e dove la mentalità può fare la differenza in positivo più di un passaggio filtrante. Sotto questo punto di vista Braglia ha sempre avuto sicurezza di spessore, o almeno così è stato fino alla trasferta di Cosenza, ed è importante che la zona nevralgica ritrovi quel giusto modo di approcciarsi alle gare più sentite, quanto la posta in palio è altissima, perché nei play-off questo è un fattore assolutamente determinante.

Se a centrocampo (nei ruoli centrali più che sulle fasce, dove Lepore e Legittimo hanno provato a reggere il colpo più e meglio rispetto ai compagni) il Lecce è apparso, per la prima volta nel corso del campionato, inferiore rispetto al Benevento, impietoso è il paragone tra i due reparti avanzati. Già nel corso del campionato gli avanti salentini non avevano certo entusiasmato la piazza (a differenza di quelli dei campani), pur andando non troppe volte al di sotto della sufficienza, ma la superiorità qualitativa della linea offensiva sannita si è palesata tutta nel big-match di sabato scorso. Da un lato il cincischiante ed evanescente Surraco, dall’altro lo spettacolare ma concreto Ciciretti. Soprattutto, da un lato una coppia dall’intesa perfetta e cinica come CIssè e Mazzeo, dall’altro gli spreconi e pasticcioni Caturano e Curiale. Forse qualche elemento in casa Lecce è stato sopravvalutato in precedenza, ma ciò che è certo è che l’attacco giallorosso non è quello visto al “Vigorito” né quello che, Matera compreso in poi, ha raccolto zero gol e una ventina di nitide palle-gol buttate al vento. Con una partita da vincere senza se e senza ma con la Lupa Castelli ed i successivi play-off alle porte, tutti questi nodi, ormai venuti al pettine in maniera inequivocabile, vanno sciolti quanto prima.